Fervono i preparativi di “E fummo vivi”, scritto e diretto da Veronica Liberale

3 Lug , 2024 - News

Fervono i preparativi di “E fummo vivi”, scritto e diretto da Veronica Liberale

Con Fatima Alì, Camilla Bianchini, Fabrizio Catarci, Guido Goitre, Veronica Liberale e Marco Zordan il 18 luglio alle 21 in Piazza dell’Immacolata. Ingresso libero.

Dopo il grande successo di “Pane, latte e lacrime” ambientato nei giorni precedenti il bombardamento del 19 luglio (rappresentato per tre anni 2018, 2019 e 2022) e del debutto assoluto di “Io Libero” dedicato alla figura di Padre Libero Raganella della scorsa stagione (qui), quest’anno l’autrice-attrice e regista romana Veronica Liberale porta in scena “E fummo vivi”. Scenografie: Maria Grazia Iovine. Luci e fonica: Davide Calvitto – Assistente alla regia: Elena Tomei.

La piazza con la chiesa dell’Immacolata nel quartiere San Lorenzo (Ph. Elena Tomei)

La vicenda è ambientata nello storico quartiere San Lorenzo, a Roma, negli anni tumultuosi tra 1921 e il 1922 , un’epoca in cui lo stato liberale cede il passo all’ascesa del potere fascista. Protagonisti sono le vite di personaggi sconosciuti ma unici, immersi in un quartiere ai margini, che contiene però il seme di un ricco fermento culturale e una profonda coscienza sociale.

Pina (Veronica Liberale), vedova e lavandaia, è il cuore di questa storia. Per sopravvivere e affrontare le difficoltà quotidiane è costretta a subaffittare la sua umile casa, un’ex stalla.

Al suo fianco c’è sua figlia Maria (Camilla Bianchini), dall’animo sensibile ed empatico, che si ferma a osservare la gente per strada per indagare l’animo umano, scrivendo pensieri sugli scampoli delle stoffe e trovando rifugio e ispirazione nella Biblioteca di Via dei Sardi, un luogo di cultura in un periodo oscuro.

Nella casa di Pina trova accoglienza anche Isabella (Fatima Ali), una giovane di origini somale, nata a Roma dall’unione di un soldato tornato dalla prima campagna coloniale africana e una giovane donna indigena.

A far parte di questa famiglia improvvisata c’è anche Vincenzo (Fabrizio Catarci), un ex medico tormentato dai traumi della Grande Guerra, con sua moglie allettata, di cui si sente soltanto la voce fuori scena.

Completa questo mosaico umano Cesaretto detto Bamboscione (Guido Goitre), un orfano che sopravvive per strada ricorrendo ad espedienti e che incarna la resistenza di chi, pur vivendo ai margini, non ha perso la capacità di sognare e sperare.

Sullo sfondo di queste vite intrecciate si erge il Sor Capanna (Marco Zordan)l’unica figura ispirata a un personaggio realmente esistito – che con le sue canzoni e i suoi stornelli dà voce allo spettacolo come il cantastorie delle favole o il coro della tragedia greca, perché tragedia e commedia si intrecciano nel tipico spirito romano, capace di sdrammatizzare anche nei momenti più bui e difficili.

Veronica Liberale ha dichiarato: “Ogni attore ha qualcosa del suo personaggio. Per esempio Camilla Bianchini, che interpreta Maria, una ragazza fortemente empatica, sognatrice, è un’attrice con una grande anima e una grande sensibilità. Fatima Ali è invece Isabella, quella che potrebbe essere una sua antenata: una ragazza nata a Roma, dall’amore di un soldato durante la prima colonizzazione dell’Africa e una donna indigena. Seguiamo Isabella in tutte le difficoltà che incontra una donna diversa in una società ancora molto lontana dall’essere plurietnica. E poi c’è Fabrizio Catarci, che veste il ruolo di un ex medico che purtroppo ha subìto un grande trauma, avendo visto in faccia la Grande Guerra e ha l’esperienza giusta per fare un personaggio così combattuto. Guido Goitre invece è Cesaretto, orfano, uomo mai cresciuto, che vive in strada, di espedienti, un po’ folletto un po’ quintessenza della romanità, che nasconde dietro la battuta pronta una grande solitudine e malinconia. Poi c’è Marco Zordan, che interpreta il Sor Capanna, non solo per le sue qualità attoriali, ma anche musicali perché canta e suona la chitarra. E infine c’è la sora Pina, il mio personaggio, apparentemente ruvido e ostile, che rappresenta un po’ il quartiere e che nonostante tutto accoglie e apre le braccia. Inoltre lo spettacolo è un inno alla poesia e alla forza delle parole, lo stesso titolo deriva da una bellissima poesia di Alfonso Gatto. Il personaggio di Maria, che scrive poesie sugli scampoli delle stoffe, e il Sor Capanna, che con i suoi stornelli critica il governo e la situazione attuale, fanno da contraltare al fascismo, che vuole ingabbiare il pensiero e le parole”. (Fonte: intervista di E.Tomei)

Un momento delle prove (Ph. Elena Tomei)

Dietro le vicende dei protagonisti si svolge la storia con la “S” maiuscola.

La violenza squadrista nei confronti di un quartiere, che ha sempre avversato il fascismo, culminerà con una strage, fino a poco tempo fa dimenticata e mai rappresentata sulle tavole del palcoscenico, in cui morirono uomini e donne in nome della libertà e della lotta contro i soprusi dei dominatori.

Un pezzo della nostra storia che merita di essere raccontata per rispetto delle vittime e come esempio da non far cadere nell’oblio.

Un insegnamento da tramandare alle nuove generazioni per ricordare a tutti che la violenza, il totalitarismo, la soppressione delle libertà, la discriminazione e la persecuzione nei confronti del diverso non possono in nessun modo essere considerati come degli ideali.

La storia di San Lorenzo e di quello che accadde in quegli anni bui da storia di quartiere diventa Storia universale, di chi nonostante le avversità non smette mai di lottare e di resistere per un futuro migliore.

Foto di Elena Tomei

Fonte d’ispirazione è stata la pubblicazione e presentazione di due libri sull’argomento: “La marcia nera” di Daniele Autieri e “Assalto a San Lorenzo” di Gabriele Polo, in cui si parla della prima strage del fascismo al potere. Per la prima volta si fanno i nomi delle vittime della marcia su Roma.

Prosegue a raccontare Veronica Liberale nell’intervista : “Amo scrivere testi che siano ispirati a fatti storici perché credo ci sia un legame tra il presente e il passato e che il passato sia utile a capire meglio il presente. La mia ricerca storica in “E fummo vivi” è stata avvantaggiata perché il Comitato di Quartiere mi ha fatto conoscere quei due preziosi libri, che mi hanno aiutato tantissimo. E poi ho avuto la fortuna di avere una guida preziosa che è Rolando Galluzzi che mi ha parlato molto di quel periodo, mi ha dato delle dispense, mi ha fatto vedere le foto… Rolando è stato un faro per me. Per noi autori gli storici hanno una funzione importantissima. Viva gli storici!” L’autrice racconta qui quanto lavoro c’è dietro la scrittura di una sceneggiatura teatrale.

18 luglio alle 21:00

Piazza dell’Immacolata, quartiere San Lorenzo

INGRESSO GRATUITO

 Comitato di Quartiere San Lorenzo

19 luglio 1943 – 2024 ottantunesimo anniversario del bombardamento di RomaPubblico in piazza dell’Immacolata la scorsa estate durante la ricorrenza celebrata nel quartiere san Lorenzo (Ph. Elena Tomei)

25 aprile

La chiusa angoscia delle notti, il pianto
delle mamme annerite sulla neve
accanto ai figli uccisi, l’ululato
nel vento, nelle tenebre, dei lupi
assediati con la propria strage,
la speranza che dentro ci svegliava
oltre l’orrore le parole udite
dalla bocca fermissima dei morti
“liberate l’Italia, Curiel vuole
essere avvolto nella sua bandiera”:
tutto quel giorno ruppe nella vita
con la piena del sangue, nell’azzurro
il rosso palpitò come una gola.
E fummo vivi, insorti con il taglio
ridente della bocca, pieni gli occhi
piena la mano nel suo pugno: il cuore
d’improvviso ci apparve in mezzo al petto.

Alfonso Gatto


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