Con questo testo dedicato alla sua straordinaria famiglia di artisti, l’attore e regista romano dimostra come sia possibile realizzare uno spettacolo esilarante e commovente allo stesso tempo.
Marco Zadra racconta così: “Papà, argentino di Barranquitas – Santa Fe, classe 1934, è stato un bambino prodigio che a tre anni ha iniziato a fare musica con l’acordeon grazie allo zio materno, mentre a cinque suonava il pianoforte talmente bene che si esibiva spesso al circolo trentino di Buenos Aires per gli immigrati trentini e poi al Teatro Astral. Piano piano ha intrapreso un percorso artistico che lo ha portato a Roma a conoscere il maestro Carlo Zecchi e poi, tramite lui, la mia mamma, la belga Marie Louise Bastyns, anche lei pianista. Si sono stabiliti a Roma, dove i miei due fratelli ed io siamo nati. Quindi tutto è partito da questa storia di migrazione dei miei nonni paterni trentini e del ritorno di mio padre in Italia.”
Ne “L’ultimo recital” dedicato al padre, scomparso 17 maggio 2001, sul palco del Teatro Ghione di Roma suonando il “Notturno n.2 in Re bemolle” di Frederic Chopin, ed alla madre, non ci sono solo lacrime di commozione. Attraverso i racconti folli e divertenti dell’infanzia e della sua vita, Marco Zadra conduce il pubblico in un viaggio spensierato, comico e poetico, dedicato all’amore per l’arte – in particolare la musica – e per la famiglia.
Zadra rievoca la sua storia familiare strutturata su ben tre generazioni, partendo dai nonni per arrivare ai suoi genitori e quindi alla sua vita personale. Nel farlo, tratta anche la Storia con la S maiuscola riguardante l’Italia. Per circa due ore sul palco, il personaggio diventa persona con tutta la sua forza e le sue fragilità e racconta affabilmente, senza annoiare, un arco di tempo che sfiora il secolo.
Fausto Zadra
Fotografie e musiche accompagnano piacevolmente Marco Zadra nel suo racconto, spaziando dalla classica (Mozart, Schumann, Brahms) a brani più moderni (Beatles, Simon & Garfunkel, Pat Metheny, Astor Piazzolla) per sottolineare il trascorrere del tempo. L’attore ricorda un papà molto presente, che da buon sudamericano gli ha insegnato a giocare a calcio e che dalle tournée nei paesi dell’Est gli riportava regali improbabili, come le scarpe Adidas a quattro strisce o le magliette appartenenti a squadre rumene per lo più sconosciute, che Zadra da ragazzo ‘sfoggiava’ in una scuola di élite frequentata grazie agli sforzi economici dei suoi. E proprio in quel collegio molto austero gestito da preti, il povero Marco esibiva anche pullover pesantissimi – altrimenti destinati ai ragazzi africani dello zio missionario Padre Bianco d’Africa – e, insieme ad uno dei suoi fratelli, affrontò il temuto saggio di pianoforte, strumento che all’epoca non era capace di suonare.
Anche il tema della morte è affrontato da Zadra con garbo e leggerezza, in un crescendo di ritmi e di riflessioni poetiche ed umane che, tra un sorriso e tanta dolcezza, commuove tutti.
Marco Zadra in scena (Credits: FB Teatro 7 Off – Ph: Manuela Giusto)
Uniti da profonde affinità elettive e da un incredibile virtuosismo musicale, Fausto Zadra e Marie Louise Bastyns sono stati due grandi pianisti, che hanno dato una testimonianza forte e tangibile del loro talento e della loro umanità. “Chi ha studiato con mio padre – racconta Zadra – ha avuto in lui una sorta di guida che li seguiva in tutto e per tutto, che non guardava molto all’aspetto economico. Con gli studenti non instaurava un rapporto freddo, legato semplicemente allo strumento, ma qualcosa che andava molto al di là”. Della madre, venuta a mancare nel luglio 2020, ricorda: “La sua è stata una vita trascorsa al ‘servizio’ degli altri, dando così meno spazio ed importanza ad una ‘carriera’ magari densa di successi, ma allo stesso tempo vuota per lei di significato umano. Perché quella era la sua priorità: seguire più da vicino nostro padre, condividendo con lui gioie e dolori, non far mancare mai il suo supporto ed il suo affetto a noi figli e non di meno sostenere tanti giovani allievi provenienti da tutto il mondo aprendo ‘letteralmente’ le porte della sua casa e del suo grande cuore”. (cit. qui)
Sicuramente a livello di sensibilità Marco Zadra ha ereditato molto da suoi genitori e lo ha messo in pratica in un’altra forma, quella del teatro, diventando regista ed attore. Anche in questa avventura teatrale, è affiancato dalla moglie Francesca Misiti, che cura la scenografia e i costumi di tutti i suoi spettacoli, non facendogli mancare mai il supporto a tutto tondo, rimanendo però sempre volutamente dietro le quinte.
Zadra ha debuttato con “L’ultimo recital” in occasione del ventennale della morte del padre. Negli anni successivi ha riproposto lo spettacolo su vari palcoscenici, come quelli del Teatro della Cometa, del Teatro Sette, del Teatro Domma e, il 17 maggio 2023, del Teatro Ghione, sulle cui assi ventidue anni prima diede il commiato a suo padre. Il teatro di via delle Fornaci conserva lo Steinway gran coda sulla cui tastiera le mani di Fausto Zadra si muovevano agilmente e nella platea risuona ancora il lungo applauso con standing ovation che lo scorso anno venne riservata a Marco Zadra al termine della sua esibizione. In sala per la prima replica era presente anche il pianista e critico musicale Christopher Axworthy (marito dell’attrice Ileana Ghione con cui fondò il teatro che ne porta il nome), venuto direttamente dall’Inghilterra ad applaudire l’artista romano con sangue argentino e belga nelle vene.
Margherita De Donato
Lo Steinway gran coda dell’ultimo concerto di Fausto Zadra